L'arte
della felicità
Dal
21 novembre al cinema potremo vedere “L’arte della felicità”, bellissimo film
di animazione di Alessandro Rak doppiato da Leandro Amato, Silvia Baritzka, Francesca
Romana Bergamo e Antonio Brachi. Già riconosciuto di interesse culturale dal Ministero
per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale per il Cinema.
Siamo
a Napoli, immersa in una atmosfera tetra e trasudante. Il protagonista è un tassista,
Sergio, che alla guida del suo fedele taxi bianco attraversa ogni giorno le strade
napoletane. Non ancora superato il trauma e la depressione per la morte del fratello
partito dieci anni fa per il Tibet come monaco buddista, cerca di non pensare
e spegnere ogni emozione accompagnando i vari i clienti a destinazione. Spesso
i suoi pensieri si confondono con la pioggia che impetuosa batte sui vetri del
suo taxi. Sono molti i personaggi che contribuiranno a dare vita alla storia,
che si riempirà di frammenti di vita unici e singolari. Vedremo uno speaker radiofonico,
una cantante in cerca di successo, uno zio che Sergio non incontrava da tempo
e molti altri ancora. Il taxi diventerà il mezzo principe con il quale Sergio
fugge dal mondo e il suo microcosmo personale.
I
clienti saranno piccole meteore che lo riporteranno alla realtà, effimere e passeggere.
Ma chi sono davvero? Uomini reali o solo proiezioni della sua coscienza malata?
Oppure occasioni per guarire? Sergio incrocia le sue esperienze e i suoi pensieri
con ognuno di essi, contribuendo a mettere in atto una sorta di ricostruzione
freudiana della vita del fratello e dell’elaborazione della sua scomparsa. Confortato
da questo mondo fittizio e ovattato, Sergio fatica a tornare nella realtà, e vorrebbe
sostituirla con il viaggio senza fine a bordo dell'auto. I ricordi si fanno prepotenti
anche quando tornerà ad ascoltare i pezzi musicali composti insieme ad Alfredo.
Deciderà così di riprendere a suonare il pianoforte, e a far rivivere il fratello
tramite esso.
Il fumettista Rak ha creato un vero e proprio capolavoro, andando ben oltre le
tecniche tradizionali. E’ stato infatti in grado di unire la semplicità del tratto
ad un’arte ben più profonda, che tocca i settori della psicanalisi e della narrazione
cinematografica. All'Adnkronos Rak ha reso perfettamente l'idea: "Volevo
descrivere Napoli nel suo degrado. Ho isolato un momento di 'bruttura' della
città, un suo scorcio in un momento di massima defaillance, legato alla percezione
del protagonista. Volevo creare un piccolo quadro degli abissi in cui le persone
possono precipitare solo attraverso la loro percezione. Perché poi basta un cielo
che si sgombra a far posto a pensieri completamente diversi". Questa storia
è un vortice di sentimenti, deliri, flussi di coscienza, dejà vu e salti nell’inconsueto.
I tratti umani vengono deformati da visioni allucinanti, quasi schizofrenici.
Il taxi attraversa una Napoli sporca, vissuta, fumosa e irreale. Sergio viaggia
a vuoto, perdendosi tra pensieri, sogni che si confondono con la realtà e fotografie
che raccontano una vita con il fratello ormai persa per sempre. Appare così sempre
più alienato e lontano dal mondo, in cerca di illusioni che lo distruggeranno
minuto dopo minuto.
L’arte
della felicità è un excursus sul processo difficile dell’elaborazione della
morte, della solitudine e del lutto. Esiste davvero un senso alla fine di un’esistenza?
È questo che si chiede Sergio. Quello che commuove è l’accostamento di questioni
così dure e dense di sofferenza alla eccezionale sensibilità con cui vengono trattate.
Il vagare della mente in pensieri ossessivi e la depressione è portato all’eccesso,
e il protagonista incarna l’emblema dell’assenza che toglie il respiro. Rak però
non vuole che la speranza venga perduta, e nell’ultima parte del film concede
a Sergio la possibilità della rinascita, che avverrà proprio grazie alla musica
che lo ha legato indissolubilmente a suo fratello. Prima o poi la pioggia cesserà,
così come i suoi tormenti. La felicità diventa un’arte da plasmare e da curare
in ogni momento. Il desiderio di ritrovare se stessi prende forma, sia come spinta
ad andare oltre la mera natura umana fragile e mortale, sia come dimensione relazionale
che costruisce dinamicamente le relazioni umane nella loro interezza. Il taxi
di Sergio diventa la metafora delle gabbie mentali che ci impediscono di
liberarci, ma spesso ci dimentichiamo che la chiave è proprio dentro di noi, unici
artefici del nostro destino. La ricerca della libertà viene ripresa anche dalle
tecniche di animazione del film. Realizzato magistralmente in 2d
e con inserti live, è un perfetto mix di realismo e arte astratta. I tratti
e i visi dei personaggi sono semplici ma ricchissimi di espressioni, facendo trasparire
in qualsiasi movimento il loro mondo interno. I colori rispecchiano a pieno l’idea
di delirio, sporcizia, oppressione e soffocamento che Rak ha voluto dare, alternandosi
tra monocromia e tavolozze imprevedibili. Napoli sembra dipinta da riflessioni
baudleriane e in costante ricerca della ricomposizione inconscia. Quando Sergio
ricorda e si perde nei suoi flashback i disegni si fanno più cupi, densi e drammatici.
Sicuramente un film da non perdere, un viaggio nella mente umana e nei suoi oscuri
meandri, una storia animata per adulti che non lascerà indifferenti.
di
Susanna Buffa
| Titolo
originale: | L'arte
della felicità |
Nazione: | Italia |
Anno: | 2013 |
Genere: | Animazione |
Durata: | 88' |
Regia: | Alessandro
Rak |
Doppiaggio | Leandro
Amato, Nando Paone, Riccardo Polizzy Carbonelli, Renato Carpentieri, Jun Ichikawa,
Lucio Allocca, Patrizia di Martino |
Produzione: | Big
Sur, Mad Entertainment, Rai Cinema, Cinecittà Luce |
Distribuzione: | Cinecittà
Luce |
Uscita
: | 21
Novembre 2013 (cinema) |
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